Opere di PINA MAZZAGLIA Catania - Castello Ursino dal 6 al 29 novembre 2009
 
Conferenza stampa: giovedì 5 novembre  2009, ore 10.30 presso il Castello Ursino.
Inaugurazione Mostra venerdì 6 novembre 2009, ore 18.00 

IPOTESI DI CONTEMPORANEO, Opere di PINA MAZZAGLIA, Catania - Castello Ursino, dal 6 al 29 novembre 2009


 

Venerdì 6 novembre, alle ore 19.00 nelle sale di Castello Ursino di Catania, in piazza Federico di Svevia, sarà inaugurata la mostra personale di Pina Mazzaglia, "Ipotesi di contemporaneo".
La mostra è patrocinata dall'Assessorato alle Politiche Culturali del comune di Catania, e dalla Provincia Regionale di Catania. Giornalista e scrittrice, Pina Mazzaglia, in questa sua nuova personale esporrà 20 opere realizzate tra gli anni 2007 e 2009. " Occhio e mente - scrive nel testo in catalogo la Prof.ssa Giuseppina Radice, critico d'arte e curatrice della mostra - Pina Mazzaglia, nella personale ricerca di una prospettiva interna, ci invita ad entrare nella storia di una strana eroina (?) che - timida all'apparenza - appare determinata nel gestire in maniera del tutto personale un suo spazio e suo tempo rarefatto, mentale più che reale".
"La mostra si configura in un quadro di riferimento culturale come attività e riflessione sull'arte contemporanea. Intendiamo valorizzare la grande tradizione che Catania ha avuto da sempre come città di cultura, - spiega l'Assessore Fabio Fatuzzo, - dando spazio a nuovi talenti, al fine di rendere comunicanti linguaggi e personalità diverse nel vasto panorama culturale che comprende anche l'arte contemporanea". La personale di Pina Mazzaglia, "Ipotesi di contemporaneo" sarà visitabile fino al 29 novembre 2009.
Sede Castello Ursino - Museo Civico di Arte
contemporanea, Piazza Federico di Svevia
Durata dal 6 al 29 novembre 2009
Vernissage venerdì 6 novembre 2009, ore 18.00
Orari lun > sab 9.00-13.00/15.00-19.30; dom 8.30-13.30
Telefono Sede +39 095345830  
  
  

IPOTESI DI CONTEMPORANEO, Opere di PINA MAZZAGLIA, Catania - Castello Ursino, dal 6 al 29 novembre 2009


 

Dentro le dimensioni di spazio e tempo 
 
 I pittori che prendono l'ambiente, lo spazio dentro il dominio del tempo, ad elemento vitale dell'esistere, sono in molti; tutti vi dedicano qualche lavoro.
Lo spazio tempo è il soggetto fondamentale in cui assumono forma i momenti del ricercarsi per avvertire il proprio esistere. Singoli individui posti nello spazio, sospesi nel tempo senza uno scopo, solitudini contigue o assoluta di strade, abitazioni, grattacieli, presupposta al loro interno la calda presenza umana, sono i temi di molti pittori. Mark Rothko è pervenuto alla solitudine dello spazio tempo, dentro il variare cromatico di un piano verticale. Del Canaletto, alla luce dell'attuale deriva del mondo, inserita nella lotta tra ricchezza e povertà, comprendiamo l'analisi profonda, penetrante, del vivere quotidiano dei cittadini, dentro gli spazi temporali della città, limitate le azioni del lavoro svolto, al silenzioso relazionarsi con le presenze accanto.
Il paesaggio lo rivediamo semplice ornamento del grigio, banale, esistere. Caratteristiche la solitudine della donna che stende i panni sul terrazzo, notata dallo sbirciare muto dei passanti, la sbarra di ferro sulla parete, mutato il colore assolato, cui è legato il tirante.  
Esseri e spazio nel Canaletto sono ancora connaturati, lo spazio, pur profetizzando l'uomo oggetto, la perdita d'identità, fortemente legata ai valori dell'esistere, conserva gli stessi attributi umani, le stesse leggi universali. La continuità dell'uomo, la sua natura, si conservano ancora. Spazio-tempo ed esseri viventi si identificano, sono inseparabili, coniugano la stessa coscienza. In Canaletto i ritmi vitali mostrano i sintomi del prevalere dello spazio intorno, posto ad ornamento dell'uomo solitario, di gruppi umani, isolati o riuniti in masse festanti.
 Il lento capovolgersi di significati e valori, è la predestinazione verso la solitudine, verso la perdita d'identità. L'uomo diviene oggetto all'interno dell'unica vitalità rimasta, lo spazio-tempo. Uno sguardo ai quadri di Edward Hopper, dà la perfetta realtà dei valori descritti in Canaletto, ben definito il mistero, sintomatico, dell'attuale quotidianità, del comune relazionarsi, delle silenti inquietudini, assenti sogni ed attese, sintomi primordiali, forti, nel pittore veneziano. Non è da sprovveduti volere affermare che i poeti dei secoli passati hanno descritto, con luminosa intuizione, le pieghe inquiete disperse nel vuoto dell'assente significare, più celate della nostra coscienza. 
Ritengo, che questa presenza spirituale si ritrovi nei lavori esposti nella mostra. 
Si dimena, l'essere umano, tra volumi e vuoti, inserito e isolato, in alcuni dei miei lavori, protetto, avvolto negli esseri cosmici, venuti ad essere valori terreni, per niente celesti, profondamente umani, sostituitisi a Lui, non più misura di tutte le cose, ma loro oggetto puntuale, denudato di dimensioni e orientamento, di verticalità ed orizzontalità, disperso dall'infinito attraversamento delle infinite rette che lo contengono. Pura solitudine presente, pur vivendolo, nello spazio-tempo, portatore dell'afflato di ciò che lo circonda. "Guardando fuori, Happy Hour", sono ignare esistenze di questa condizione umana, impercettibile il soffio vitale, chiuse nel tiepido abbraccio dello spazio. L'ambiente costruisce coscienza, desideri, voleri, decisioni, comportamenti determinati; dell'uomo ne fa un numero, gli assegna il codice di riconoscimento. Entità dispersa di superfici, contenitori, recipienti che esprimono al suo posto il mistero della vita, comportandosi altresì da scenari che lo negano, e che inducono a smarrire il senso esistenziale dell'essere. Sono interpretazione di questo disordinato tracciato, "Periferia, Linea di confine, Orizzonte". 
In queste forme vedo il dispiegarsi della vita. La vivono, la forgiano, la traducono in sagome progressive, geometriche, aspirazione al perfetto, al buio dell'infinito; "Ragazza alla finestra, Parallelismi, Dietro la torre, Strada maestra". Luoghi di grandezze plastiche, coesistenze in porzioni di spazi dotati di logiche temporali.
L'orizzonte immemore, si disperde nello spazio, appena percepiti i panorami, traumatico il semplice immaginarli, invalicabili i confini prospettici, imprigionati da una linea rossa che ha assegnato il confine vivibile, oltre il quale l'aria non è più cielo, ma luce artificiale, ristretta al finito, con il quale si confronta, realizzata dall'uomo dentro le dimensioni della sua esistenza, attuata nei limiti assegnatigli. 
Ho inserito le figure in una illusoria dimensione cosmica, per attenuarne la solitudine, purtroppo presente, non lenita dal senso abissale celeste e terreno che portano, naturale artificiosità d'infinito e finito, processo dialettico teso all'evoluzione catartica spirituale, rimasto sensazione estetica della coscienza, del delirio che mi domina, che domina ogni essere. 
Ai fini tecnici ho limato i processi sintattici del dipingere osservando il modularsi pittorico di Cezanne, il dinamico tratto, tenui le tinte, di Matisse, non trascurando una attenta lettura di Picasso, Braque, Futurismo e del figurativo recente. Di Cubismo e Futurismo ho tentato di cogliere il dinamismo, in alcuni, come in Boccioni, iperspaziale. Sono stati miei maestri Romano, Quattrocchi, Milluzzo. Liberi, generosi, nessuna riserva nei consigli, aperti nei chiarimenti tecnici. Averli incontrati è stata la mia fortuna artistica; ho osservato, recepito, tentato di attuare, le loro tecniche con caparbia volontà. Con i loro occhi,  e l'esperienza acquisita, interpreto il contingente delle realtà. Coltivo la figura umana, prediligendo quella femminile, per i rapporti parametrici delle superfici che la delimitano e per il mistero legato al riprodursi. Il riferimento, per il tratto femmineo dato dal Donatello al David e al puttino pastore, Athys, amore delle ninfe, dalla codina esaltante, è obbligatorio, appropriato. Il corpo femminile gratifica per il pulsare mistico, ritmato dalla bellezza delle forme. Nelle stesse figure, a tonalità forte, questa attenzione non viene mai meno, anche se danno la sensazione, alcune di esse, di un loro lignificarsi. 
 Sono le immagini, da me create, immerse nella realtà che ci circonda, nella dispersione di un futuro incerto.
Pina Mazzaglia
 
Pina Mazzaglia è nata a Santa Maria di Licodia (CT). Ha conseguito il diploma di maturità  presso il Liceo Artistico Statale di Catania e in seguito in Accademia, di Pittura in Arte Sacra. Ha iniziato la sua carriera artistica seguendo i maestri Elio Romano, Salvator Quattrocchi e Sebastiano Milluzzo. Giornalista, scrittrice, ha al suo attivo un cospicuo numero di rassegne espositive nazionali come quelle di Taormina,  Acireale, Catania, Padova, Genova, Verona,
e di mostre personali  realizzate nelle città di
  • Roma, Palazzo Barberini,2000;
  • Catania, Galleria d'Arte Moderna Le Ciminiere, 2000;
  • Paternò, Palazzo Comunale, 2004;
  • Catania, Galleria d'Arte Moderna Le Ciminiere, 2005;
  • Galleria Beato Angelico, 2005;
  • Galleria amici dell'Arte, 2006;
  • Hotel Nettuno Catania,  2006;
  • Galleria I Tre Misteri, 2007; 
  • Galleria Il Massimo, 2008;
  • Trieste, Galleria Poliedro,  2007;
  • Taormina, Palazzo Duchi di S. Stefano, 2003;
  • Palazzo Duchi di S. Stefano, 2006;
  • San Gallen, Svizzera, Galleria Macelleria d'Arte, 2007;

La sua attività e documentata da cataloghi, recensioni, articoli pubblicati su quotidiani e riviste specializzate.
Hanno scritto di lei: Mauro Romano, Piero Arrigo, Antonio Nicolosi, Fiorella Capriati, Angelino Cunsolo, Lorena Micalizio, Giuseppe Ragonese, Sebastiano Milluzzo, Gesualdo Campo, Lucia Paternò, Elena Caruso, Roberto Carnevale, Salvator Quattrochhi, Giuseppina Radice, Salvatore Emmanuele, Salvo Pittera.