Cultura Catania 250

 

Palazzo della Cultura - Via Vittorio Emanuele 121 Catania
Mostra Fotografica "Luoghi Comuni" dal 9 al 21 giugno 2012
Testi critici: Giuseppe lazzaro Danzuso e Giampiero Vincenzo
Accademia Belle Arti Catania
Inaugurazione sabato 9 giugno 2012 ore 18,30


Mostra fotografica Luoghi Comuni - Palazzo della Cultura - 9/21 giugno 2012 - inaugurazione sabato 9 giugno ore 18,30


Mostra Fotografica "Luoghi Comuni" - Locandina pdf

 

Palazzo della Cultura - Via Vittorio Emanuele 121 Catania
Mostra fotografica "Luoghi Comuni"
Apertura dal 9 al 21 giugno 2012
Testi critici: Giuseppe Lazzaro Danzuso e Giampiero Vincenzo
Accademia Belle Arti Catania
Inaugurazione sabato 9 giugno 2012 ore 18,30


Espongono:

Fabio Agatino
Andrea Bambara
Andrea Marcantonio
Stefania Mazzara
Filippo Papa
Salvo Pappalardo
Moreno Poli
Simone Raeli
Claudia Rannisi
Flavia Ruggieri
Alessandro Russo
Federica Russo
Denise Sidoti

 

Pur attraversando un cosi difficile momento di crisi ideologiche e difficoltà economiche, un’Amministrazione come la nostra, che ho l’onore di guidare in qualità di primo cittadino, ha il compito e il dovere di non perdere di vista quei valori che fanno di una grande Città come Catania un polo di cultura e promozione di tutte quelle manifestazioni dello spirito che arricchiscono e danno speranza nel futuro. In perfetta sintonia d’intenti  con l’Accademia di Belle Arti, ospitiamo nel Palazzo della Cultura questa mostra fotografica che illustra luoghi  caratteristici diurni e notturni del nostro territorio urbano. Questi scatti stuzzicano con arguzia curiosità e sorpresa, ed è facile per ognuno di noi riconoscere e forse riscoprire questi luoghi, questi angoli di vita che spesso attraversiamo con distrazione, sviati come siamo dai mille problemi che quotidianamente ci attanagliano. La visione monoculare di un obbiettivo fotografico ci restituisce per pura suggestione un panorama tridimensionale di sensazioni ed emozioni filtrate dalla sensibilità di questi giovani artisti che credono nel valore dell’arte e della bellezza e che con sacrificio e impegno perseguono una scelta di vita che poco ha a che fare con il pragmatismo imperante di questa nostra società. Desidero infine sottolineare il ruolo fondamentale  che hanno gli Istituti di Alta Cultura operanti nel nostro territorio  che con grande professionalità ,attraverso i loro docenti, formano in continuazione personalità artistiche di forte rilievo.. A noi amministratori, critici d’arte, semplici fruitori… etc,  il compito di creare condizioni ed opportunità, intuendo potenzialità che altri, magari, vedranno e apprezzeranno nel tempo.

                                                                                                                          Il Sindaco  Raffaele Stancanelli


LUOGHI COMUNI
Luoghi Comuni, la mostra fotografica dei giovani fotografi dell’Accademia di Belle Arti di Catania, si propone come intervento nell’ottica della ricerca e della sperimentazione dei linguaggi fotografici.
La produzione dell’arte e l’elaborazione teorica sono un  patrimonio comune in grado di sostenere il confronto dialettico con la complessità contemporanea.
Il progetto, iniziativa autonoma e virtuosa dei nostri volenterosi studenti (A.Russo, A.Bambara, A.Marcantonio, C.Rannisi, D.Sidoti, F.Agatino, F.Russo, F.Papa, F.Ruggieri, M.Poli, S.Pappalardo, S.Raeli), si struttura all’interno di una mirata ed intensa progettualità didattica, una azione costante  sul territorio cittadino che pone la nostra istituzione, ai vertici nazionali per creatività giovanile.
Giovani fotografi che osservano, giovani fotografi che interrogano la realtà, che con il loro lavoro, con passione e generosità sperimentano il nuovo, testano l’efficacia dei nuovi percorsi e si cimentano nel complesso mondo delle arti, preservando un modus operandi “alto”di fare cultura.
Numerose le tecniche utilizzate, variegate tematiche, molteplici spunti creativi, ma tutti accomunati da uno sguardo attento, disponibile al nuovo. Questi giovani artisti  rappresentano in maniera generazionale, diretta e professionale, la ricerca di senso e identità, lo stupore per un viaggio iniziatico nel complesso e affascinate mondo delle arti, la scommessa per il futuro.

                                                                                                                                   Carmelo Nicosia
                                                                                                              Direttore Accademia Belle Arti Catania



Testo di Giuseppe Lazzaro Danzuso

Luoghi comuni s’intitola questa mostra che ci lancia contro come sassi immagini viste da occhi giovani e impietosi. Fotografie tutte di un unico luogo, comune agli autori: una Catania vestita della sua stessa storia e ingioiellata di barocco, lordure e fili della luce. E metafora, in questi giorni di lutto, delle meravigliose città del Bel Paese, una volta di più ferite dall’orrore delle bombe e dalla furia  dei terremoti, umiliate dalle morti di fanciulle innocenti e dallo sfregio perenne a monumenti nei quali ci identifichiamo, che sono noi stessi.
Le nostre città. Nonostante tutto più belle che mai, per dirla con un’emozionante canzone di Paolo Conte che le dipinge magistralmente: bagnate fradice da una pioggia che è luce a cristalli, o a risplendere placidamente al sole, tra l’eco di brani d’opera e profumi di luna e di pietra. E di vento salato dal mare.
Le nostre città. Quelle di nascita, in cui siamo cresciuti, ci siamo costruiti uomini e donne. O quelle d’elezione, che abbiamo scelto, per viverci. Sono comunque grembo materno, casa. Da rivelare a tutti, dunque, come intima meraviglia. Per vantarci, orgogliosi, di fronte al Villaggio globale, della nostra storia antica e gloriosa, dei monumenti, dei volti, dei corpi, delle strade. Della vita. La nostra.
Così queste immagini, a volte sorprendenti, cantano piccoli e grandi fatti di una città che ha per emblema l’elefante, simbolo della memoria. E che invece appare smemorata fino a una svagatezza da lotofagi.
Narrano la loro Catania questi giovani autori. E non possono lasciarci indifferenti.
La macchina fotografica è un pretesto. Potrebbero utilizzare altri mezzi, dalla penna al pennello, agli strumenti musicali.
Ci mostrerebbero ugualmente quell’enorme millepiedi che si snoda sinuoso a tagliare in due la città dal suo porto, dal suo mare, e ha per zampe gli Archi della Marina. O il lenzuolo d’acqua della fontana di Angelini, o un Palazzo Senatorio che appare quasi come un complicato dolce inventato da una delle tante pasticcerie di quella via Etnea definita da Aniante  “Una rinomata officina di gelati”.
Certo che batte forte, il cuore, nel riconoscere, riflesso in una pozzanghera d’acqua raccoltasi tra i ciottoli del selciato, il fantasma d’un lampione figlio dell’arte antichissima dei fabbri eredi di Vulcano, che ancora batte il suo martello da qualche parte, nel cuore dell’Etna.
E che complicità s’instaura nello svelarsi dei luoghi più segreti e dei riti: la condivisione delle eterne passiàte, i misteri della via Etnea di notte, la frenesia e il fetore di disinfettante della stazione ferroviaria, la serenità attonita della Villa, la F’era ‘o luni, disfatta dopo l’orgasmo del quotidiano, sensualissimo scambio mercantile.
Passano davanti agli occhi scherzi, quasi calembour, come l’effetto ottico della ciminiera delle Ciminiere, o spettacolari tramonti al Porto - ferro e fuoco e malinconia -, ma anche immagini forti di disperazione e degrado. Come quel balcone fatiscente, sbarrato da due assi in croce.
O l’angosciante scatto di un Municipio che appare come un’astronave aliena atterrata proprio nel centro della piazza del Duomo.



Guardando il destino di una città
di  Giampiero Vincenzo

Paesaggi soleggiati, vuoti, monumentali. Notturni traslucidi, crivellati da lampioni e luci in movimento. Tramonti sospesi e sognanti, testimoni immobili del cambiamento urbano. Famiglie e pendolari tra immagini sfocate di metropolitane, treni e strade del centro. Folle che appaiono solo da lontano, come per pudore o stanchezza delle fisionomie umane. E ovunque una città che riempie gli occhi e gli obbiettivi con la forza delle sue prospettive stentoree, imperiose, vibranti. Resta solo il cielo a competere con la forza evocativa del barocco, che si impone nel disegno raffinato dei palazzi, per poi inarcarsi in marmi e profili flessuosi. Persino il degrado è tanto ampolloso da non sembrare del tutto indecente.
Questa è la Catania vista da un gruppo di giovani artisti e fotografi dell’Accademia. Una Città che non ti aspetti, più metropolitana che provinciale, più solitaria che chiassosa, lirica anche nei notturni, insieme flemmatica e spigliata, dove la meschinità suburbana scivola via senza riuscire a trovare appigli. Una Catania che dovrebbe essere vista dai catanesi e studiata dagli intellettuali, perché l’arte è una chiave di lettura della realtà e del suo futuro, soprattutto se gli occhi che indagano sono quelli dei giovani, di coloro che la vivono da non troppo e la vivranno ancora a lungo, occhi che vogliono vedere ma anche capire, coscienze non ancora del tutto assordate da se stesse e che riflettono su ciò che più li colpisce, fissando in immagini emozioni e pensieri non solo propri, ma anche degli altri. Sono giovani che rivolgono ancora domande alla città e che cercano risposte, che svolgono una ricerca, empirica, ma non per questo meno efficace, sullo Zeitgeist, lo “spirito del tempo”.
Sono giovani che rivendicano attenzione, che sanno di avere qualcosa di importante da dire, che possono dare un contributo alla città e alla Sicilia, anche se spesso i loro interlocutori sono distratti, più concentrati sui linguaggi scarni dell’economia, sui cavilli del diritto, sui quotidiani avanzamenti della tecnica. Gli stessi intellettuali sembrano non credere più all’importanza della cultura. Paradossalmente, oggi sono piuttosto alcuni scienziati ed economisti ad accorgersi del ruolo fondamentale che l’arte svolge nella comprensione della società moderna, della vitalità produttiva insita nelle professioni “creative”, nel design, nell’artigianato, nella moda, nell’editoria e nell’arte. È in quest’ambito che gli artisti svolgono da sempre il loro ruolo propulsivo, sfornano idee, materializzano concetti in immagini, vestono di forme i miti e le rappresentazioni sociali che poi diventano cultura e industria.
Quelle qui raccolte non sono solo fotografie, sono soprattutto le immagini accattivanti e desiderabili di uno dei migliori futuri possibili per la città.